Prof. Raniero Gnoli
(20 gennaio 1930 – 5 maggio 2025)

Prof. Raniero Gnoli
(20 gennaio 1930 – 5 maggio 2025)

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Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente

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Con profondo cordoglio e commozione ISMEO comunica la scomparsa, avvenuta il 5 maggio del 2025 nella sua dimora di Castelgiuliano, del Professor Raniero Gnoli, uno dei più autorevoli indologi del XX secolo, socio ordinario dell’IsMEO di Giuseppe Tucci (poi di Gherardo Gnoli), nella cui Serie Orientale Roma ha pubblicato praticamente tutti i suoi lavori indologici fondamentali, e socio onorario di ISMEO fin dalla rifondazione nel 2012. Il Prof. Raniero Gnoli era fratello maggiore del Prof. Gherardo Gnoli, a sua volta uno dei più grandi iranisti della sua epoca, che ha diretto – dopo Tucci – con grande energia ed autorevolezza l’IsMEO (1979-1995) e poi l’IsIAO (1995-2011) fino al suo scioglimento decretato dal Governo italiano per restrizioni nei finanziamenti dello Stato che ne hanno progressivamente reso impossibile l’adempimento dei compiti istituzionali.

Raniero Gnoli era nato a Roma il 20 gennaio 1930, da una famiglia che ha prodotto numerose figure di rilevante rilievo culturale. Cominciò a interessarsi di letteratura greca molto precocemente, e parimenti giovanissimo iniziò lo studio delle lingue orientali (con copto e sanscrito). Iscrittosi alla Sapienza, in quella università avvenne il principale incontro della sua vita di studioso: quello con Giuseppe Tucci, di cui divenne presto il discepolo prediletto (era attualmente il più anziano dei suoi allievi diretti viventi). Tucci, che si era interessato a lungo dello Śivaismo kashmiro, aveva indirizzato Raniero Gnoli allo studio dei testi delle scuole śivaite, e ciò fu causa di numerosi viaggi di studio in Kashmir (Gnoli giunse in India per la prima volta a 25 anni). Nel campo dell’estetica (cui erano dedicate le lezioni che Gnoli seguiva con Tucci nei primi anni Cinquanta, cf. R. Gnoli, Ricordo di Giuseppe Tucci, Serie Orientale Roma, vol. 55, IsMEO, Roma 1985, p. 7) è rimasta un’opera ancor oggi essenziale il suo The Aesthetic  Experience According to Abhinavagupta (Serie Orientale Roma, vol. 11, IsMEO, Roma 1956). Nella stessa serie pubblicò la raccolta di tutte le iscrizioni sanscrite note della più antica storia del Nepal (Nepalese Inscriptions in Gupta Characters, Serie Orientale Roma, IsMEO, vol. 10/2, Roma 1956), che è rimasta sostanzialmente la sua unica incursione nel complesso campo dell’epigrafia indiana. A partire dagli anni Sessanta, i suoi interessi si volsero, sempre per indirizzamento del suo maestro, verso un’altra grande tradizione indiana, quella del Buddhismo, e nel 1960 vide la luce la prima delle sue opere in questo settore di studi, l’edizione critica, rimasta tuttora quella di riferimento, della prima sezione (Svārthānumāna) del Pramāṇavārttika di Dharmakīrti (Serie Orientale Roma, IsMEO, vol. 23, Roma 1960).

Il tratto finale dell’insegnamento universitario dello studioso, con la collaborazione soprattutto dei suoi allievi romani, fu dedicato alla tradizione sanscrita e tibetana del ciclo tantrico buddhista del Kālacakra (si veda ad esempio l’edizione critica della traduzione tibetana del Sekoddeśa, a cura di Giacomella Orofino e Alex Wayman, vol. 72 della Serie Orientale Roma, IsIAO, Roma 1996, e l’edizione critica dei testi sanscriti e tibetani della Sekoddeśaṭīkā di Nāropā, a cura di Stefania Merzagora e Francesco Sferra, vol. 99 della Serie Orientale Roma, IsIAO, Roma 2006).

Un commosso contributo, dovuto alla sua filiale devozione di allievo, è costituito dal già citato volumetto da lui curato a un anno dalla morte del maestro Ricordo di Giuseppe Tucci.

Alla sua opera di divulgatore di altissimo livello sono dovuti, tra l’altro, i due volumi dei Meridiani dedicati alla Rivelazione del Buddha (Arnoldo Mondadori, Milano 2001 e 2004, oltre 3000 pagine complessivamente, redatti con la collaborazione di numerosi allievi e colleghi), Bhagavadgītā. Il canto del beato (UTET, Torino 1976) e, in un campo completamente diverso, frutto di sue parallele passioni artistiche coltivate fin dall’infanzia, ma comunque derivati da decenni di attente ricerche intensificatesi negli anni Sessanta, il volume Marmora Romana (1971), studio dettagliato delle pietre più diverse frutto dei numerosi viaggi compiuti tra gli anni Cinquanta e Sessanta in Italia, Medio Oriente e Africa settentrionale, uscito una prima volta nel 1971 nell’edizione dell’Elefante e ristampato recentemente per la Nave di Teseo.

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